Quante volte, nell’arco della vita, tiriamo su o giù una tapparella, eppure non pensiamo che questo gesto appare in centinaia di libri di ogni genere. Come farebbero gli scrittori se non fosse stata inventata la tapparella? Stranamente però nei racconti non si rompe mai la corda, mentre nella realtà a suon di fare avanti e indietro, si rompe, ma questo non è un problema, basta contattare tapparellista a Milano che risolve tutto. Siete curiosi di leggere qualche brano in cui l’avvolgibile funge un ruolo primario? Seguitemi!
Scrittori noti e meno noti
Partiamo da uno scrittore molto conosciuto: Francis Scott Fitzgerald. Nella raccolta I grandi romanzi e i racconti appare questo pezzo – Maury sospirò. Alzatosi, andò alla finestra e tirò su la tapparella. “Nevica fitto”, come avrebbe fatto a creare suspense senza l’avvolgibile?
Stefano Amadei in Racconti svolazzanti, ricorre ancora alla tapparella per dar vita ad una situazione: “A un certo punto della notte si sentì sbattere rumorosamente sulla tapparella in legno che dava sul balcone (…..)la finestra si aprì e si allungò, la tapparella si alzò e la ringhiera del balcone scomparve”.
Leo Valeriano, invece, vive il dramma che abbiamo provato tutti, la corda rotta , nel libro I racconti della fraschetta: “Prese un coltello da cucina, girò la chiave nella serratura della porta, tirò giù la tapparella che mezza rotta, rovinò giù con un rumore assordante spense il televisore e rimase ansimante al buio…”
Daniele Belloni ci porta in India e altrove. Racconti sul tennis e l’arte di vivere e inizia il capitolo dell’Elefante proprio con la nostra protagonista: “La luce del sole fendeva la tapparella mezza abbassata frantumandosi sulla marmiglia del pavimento in centinaia di cubetti lucidi”.
Marezia Ori, invece, in Raccontando storie: racconti, si lamenta perché: “Non c’è mai davvero silenzio, né davvero buio. Solo penombra. Mai il buio pesto in cui mi è sempre piaciuto dormire, con la tapparella sigillata”.
Potremmo continuare all’infinito e citare, oltre ai libri, film o canzoni che vedono nella semplicità dell’avvolgibile un mezzo di separazione da un mondo ad un altro, quel semplice oggetto che tutti manovrano senza pensare al suo ruolo artistico.