Chi non ha preso un brutto voto a causa degli errori ortografici (secondo alcuni insegnanti sono veri orrori)? Bene, da oggi è possibile consolarsi pensando che anche grandi classici della letteratura hanno i loro errori ortografici comuni o meno, ma in questo caso vendono definiti refusi.
La Bibbia e i 10 comandamenti
Ci sono “refusi” che cambiano completamente il senso della frase, facendo sorgere tremendi dubbi sulla veridicità di un libro sacro e la relativa religione. In una Bibbia del 1631, non sono stati trovati tanti errori ortografici in inglese, ne è stato trovato un solo uno e, considerando le dimensioni del testo, si può parlare di “record di bravura” che non meriterebbe neppure di essere citato, se non fosse che quell’errore sconvolge veramente il credo. La frase in questione appartiene ad uno dei Dieci Comandamenti in cui non è stato inserito il “not”. Di conseguenza, la frase diventa “Thou shalt commit adultery” ossia “Devi commettere adulterio”. A questo punto, i preti non possono condannare l’adultero, a patto che si ricordi di citare questa versione del libro sacro ai cristiani.
I grandi della letteratura, traditi dai refusi
Anche il grande Shakespeare è stato tradito da un refuso o, comunque, un similare. “Cymbeline, King of Britain”, un’opera poco amata dai contemporanei del drammaturgo inglese, tra i vari personaggi annovera Imogen. L’errore è proprio nel nome di questo personaggio. Si tratta di una ragazza che, per diversi motivi, si traveste da uomo e viene chiamata Innogen. Le due “n” vicine si sono trasformate in “m”, ma tutto sommato questo piccolo errore non crea nessun problema alla bellezza del dramma teatrale.
James Joyce e il fedele Samuel Beckett
Finnegan’s Wake è un’opera molto strana in cui è particolarmente difficile riconoscere errori. James Joyce, nella stesura, si è fatto aiutare dal suo amico Samuel Beckett: il primo dettava e l’altro scriveva. Durante una delle tante sessioni di scrittura in cui Beckett era abituato scrivere le frasi sconnesse del suo amico, qualcuno bussò alla porta e le parole di Joyce, ovviamente, furono “entra pure”! La frase finì fedelmente scritta da Beckett nella strana opera Finnegan’s Wake.
Più che errori ortografici si trattava di sviste, refusi, distrazioni che ai più sono tranquillamente sfuggite. Spesso colpa della stampa o dell’interpretazione sbagliata di una parola, erano comunque eventi molto rari. Oggi, invece, gli errori si affollano in ogni genere di scritto quindi vien da chiedersi se l’uso del computer non abbia inferto un colpo letale alla letteratura in generale.